Public speaking pratico
Il podcast di Stefano Todeschi
Per imprenditori, manager e professionisti che vogliono comunicare con sicurezza e autorevolezza. Lo scopo: costruire relazioni professionali solide.
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15. Come gestire i disaccordi: impariamo a smontare le conversazioni.
Per ridurre incomprensioni e conflitti serve definire bene i confini delle reciproche responsabilità: a ciascuno le sue. Ecco come farlo in modo leggero, semplice ed efficace.
Quando ci assumiamo responsabilità che non ci competono proviamo un senso di pesantezza mentale ed emotiva.
Imparare a smontare le conversazioni può darti più leggerezza e lucidità, potenziando la tua efficacia comunicativa e le relazioni professionali.
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Spesso, dopo una riunione tesa o una discussione con i colleghi, proviamo una pesantezza mentale ed emotiva. Una delle cause può essere un conflitto con gli interlocutori. Accade specialmente se un disaccordo è gestito male e ci porta a sentirci sovraccarichi, come se il peso dell'intera interazione fosse solo sulle nostre spalle.
Si rende necessario imparare a definire bene i confini delle nostre responsabilità e quelle degli altri. La nostra maggiore fonte di stress nasce quando ci assumiamo responsabilità che non ci competono e quando non permettiamo agli altri di prendersi le proprie.
Immagina un disaccordo come un giocattolo, un meccanismo che non funziona. La reazione istintiva è forzarlo o demolirlo, ma questo peggiora le cose e rischia di distruggere la relazione. Ti propongo l'approccio dell'artigiano curioso: smontare con cura il "giocattolo" della conversazione, pezzo per pezzo, per capire quale rotellina non gira. Questo è un processo di indagine, scientifico, per capire cosa stia accadendo nel conflitto, che è una semplice mancanza di congruenza tra le parti.
Vediamo come fare in quattro passi cruciali:
1. Smontare il disaccordo e osservare i dati: il primo errore è percepire un disaccordo come una contestazione personale. Se stiamo lavorando su un progetto, occupiamoci di quel tema specifico. Prendi l'esempio di un manager che chiede una "brochure semplice" e riceve un libretto di 12 pagine. Invece di proiettare frustrazione o rabbia, puoi lavorare sui dati oggettivi.
Il mio consiglio di evitare di interpretare ("forse era abituato a standard più alti"), e rimanere sui fatti: "Ti ho chiesto una brochure semplice... e ne ho ricevuta una di dodici pagine". Non stai accusando, ma osservando una differenza tra richiesta e risultato.
2. Esaminare la rotellina delle nostre emozioni: le nostre emozioni di disagio, irritazione o rabbia vanno riconosciute, non proiettate fuori o soffocate. Riappropriati del tuo sentire: invece di dire "Mi hai ignorato", puoi esprimere la tua sensazione: "Mi sento un po' confuso, non sto capendo cosa sia successo".
Le tue sensazioni sono verità inoppugnabili; nessuno può controbattere. Prendendoti la responsabilità della tua emotività, ma senza gettarla sull'altro, stai implicito dicendo: "Siccome sono confuso, adesso ho bisogno di fare chiarezza".
3. Assumere la postura dell'ignaro: questo è un potente cacciavite di precisione per disinnescare i disaccordi. "Ignaro" non significa stupido. Significa assumere una posizione mentale di chi non dà nulla per scontato. L'obiettivo è capire sinceramente le ragioni altrui.
Quando ricevi una domanda che sembra un giudizio ("Vedo che ha cambiato tre aziende... cerca stabilità, forse"), la reazione automatica è giustificarsi o irritarsi. Invece ciò che puoi fare è restituire la palla: "C'è qualcosa di specifico che vuole capire su questa motivazione?". Ora sta di nuovo all'interlocutore giocarsela. Non c'è aggressività, ma una legittima richiesta di capire lo scopo.
Costringi l'altra persona a prendersi la responsabilità della propria domanda.
4. Rimontare il giocattolo: il riepilogo per l'allineamento: questo passo è fondamentale e andrebbe fatto continuamente. Il riepilogo è lo strumento per capire… se ci stiamo capendo. Per capire se siamo allineati sui contenuti.
Puoi usare frasi come "Se ho capito bene" o "Voglio essere sicuro di aver capito". L'obiettivo non è dimostrare intelligenza, ma assicurarsi di essere allineati.
Se senti un disagio, hai il diritto e il dovere di fermare il gioco e dire: "Ho bisogno di chiarire una cosa per me". La responsabilità di chiedere maggiore chiarezza è nostra; poi passeremo la palla all'altra persona per verificare l'allineamento.
Quando ci prendiamo la responsabilità del nostro sentire e del nostro capire, smettiamo di farci carico delle intenzioni altrui, che non possiamo conoscere. In altri termini ognuno si prende la responsabilità delle proprie intenzioni, pensieri, parole e azioni. Questo metodo scientifico ti regala la possibilità di più leggerezza e lucidità.
Smontare il giocattolo permette di ottenere maggiore efficacia comunicativa e potenzia la relazione professionale.
La vera responsabilità non è portarsi il mondo intero sulle spalle, ma portare con leggerezza solo il proprio pezzo di responsabilità e lasciare agli altri lo spazio e la dignità di fare lo stesso, prendendosi le proprie.
14. Trasformare clienti e collaboratori in nostri consulenti.
Trasforma clienti e collaboratori nei tuoi migliori consulenti, ottenendo una collaborazione reale e semplificando il tuo lavoro.
La comunicazione assertiva, da sola, è poco e rischia di creare una pericolosa asimmetria con chi ti ascolta.
Vediamo la strategia per trasformare clienti e collaboratori nei tuoi migliori consulenti, ottenendo una collaborazione reale e semplificando il tuo lavoro.
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Ci hanno sempre detto che per essere efficaci nel lavoro dobbiamo essere assertivi: chiari, diretti, capaci di affermare le nostre idee. Tutto giusto. Ma se questa ricerca dell'assertività, da sola, fosse una trappola?
Se, nel tentativo di affermare noi stessi, finissimo per creare un muro con i nostri clienti e collaboratori, rendendoli passivi e prendendoci sulle spalle una fatica immane?
Quando parlo di comunicazione asimmetrica non intendo solo la differenza fra chi parla e chi ascolta. Il problema è più profondo: l'asimmetria nasce quando una persona, consapevolmente o no, si pone in uno stato di superiorità rispetto all'altra.
Si crea una dinamica in cui c'è chi si sente più forte, più competente, e di conseguenza mette l'altro in una posizione di subalternità. Qualcuno sta sopra, e qualcuno sta sotto. Questa non è una relazione, è un rapporto di potere. Il cliente non si sente ascoltato e il collaboratore non si sente valorizzato. Il risultato? Incomprensioni, fatica e risultati mediocri.
Ma c'è un'alternativa, un cambio di prospettiva che io chiamo la Strategia della cordata. (qui te la spiego nei dettagli)
I nostri clienti e i nostri collaboratori sono i nostri migliori consulenti.
Chi meglio di clienti e collaboratori conosce il problema, il contesto, le necessità reali che vivono?
Noi abbiamo la nostra conoscenza specialistica, ma loro possiedono le informazioni più preziose. Il nostro compito è di creare le condizioni perché siano loro a guidarci verso la soluzione migliore. La comunicazione assertiva va bene, è una base, adesso è il momento di cominciare a collaborare davvero.
Come si fa, in pratica? Con due step fondamentali.
L'ascolto e il riepilogo: quando un cliente o un collaboratore ti espone un problema, la prima cosa da fare non è rispondere, ma ascoltare. E dopo fare una sintesi con le tue parole: "Ok, se ho capito bene, la situazione è questa...". Questo semplice atto è il primo chiodo che piantiamo nella roccia: dimostra che il nostro primo obiettivo è capire il loro mondo, non imporre il nostro.
La verifica e la responsabilizzazione: dopo il riepilogo, la domanda chiave è: "Ti torna?". Con questa semplice domanda, stai buttando la palla all'altro.
Non stai chiedendo un voto sulla tua bravura, ma gli stai conferendo il ruolo di esperto: ha vissuto la propria esperienza e ne è il miglior testimone.
Lo stai rendendo responsabile e partecipe della costruzione della soluzione. In quel momento, hai smesso di essere un semplice fornitore o un capo e hai iniziato a trasformarlo in un tuo consulente.
Quando applichi questo metodo, la dinamica cambia completamente. Non devi più spingere per farti valere, perché le idee si costruiscono insieme. La fatica si dimezza, la fiducia aumenta e le soluzioni diventano infinitamente più efficaci, perché nascono da una collaborazione reale.
La vera forza non sta nell'imporre la propria visione (il rischio dell’assertività mal applicata), ma nel creare una visione condivisa.
Per approfondire come applicare la strategia della cordata nella tua comunicazione di tutti i giorni, ascolta la puntata completa del podcast qui sopra.
13. Smetti di parlare bene. Inizia a farti capire.
La ricerca della perfezione nel parlare genera ansia. Serve un cambio radicale: il vero scopo è farti capire.
Ti spiego perché la ricerca della perfezione nel parlare genera ansia, proponendoti un cambio radicale: il vero scopo è farti capire, aiutando l'interlocutore a comprendere per prendere decisioni. Questo ti permetterà di comunicare con serenità e autenticità, concentrandoti sull'altro anziché sulla tua performance.
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Ecco la rivoluzione nel modo di comunicare: il mio consiglio è di smettere di voler "parlare bene" e iniziare invece a "farti capire".
So che questo può sembrare strano, dato che siamo stati educati a ricercare la perfezione nel linguaggio, ma è proprio questa ricerca della perfezione a generare ansia, inefficacia e a impedire che il messaggio arrivi.
Parlare bene è un'attività concentrata su di sé, mentre farsi capire si concentra sull'altra persona, ed è un atto di servizio. Se ti concentri troppo sulla tua performance o sulla forma, rischi solo di stressarti e perdere il contatto con chi ti ascolta. Tu non sei un attore; sei una persona che, come un mezzo, aiuta l'altro a comprendere meglio numeri, messaggi e informazioni.
Meglio l’autenticità.
Cercare di recitare una parte o ostentare una sicurezza che non senti è una fatica immensa e controproducente.
Essere se stessi, anche ammettendo professionalmente delle frustrazioni, crea una connessione basata sulla sincerità e mostra dedizione, non debolezza. La tua naturalezza e vitalità sono la tua migliore presa sulla roccia, non puoi scalare con le mani di un altro.
Tecniche pratiche.
Le tecniche pratiche devono essere al servizio della comprensione, non dell'estetica. La comunicazione è un'attività profondamente fisica, non solo mentale.
Non si tratta di fare gesti eleganti, ma di vivere il corpo come strumento per farsi capire meglio. Ogni gesto, pausa o movimento deve avere lo scopo di aiutare la comprensione di chi ascolta.
Queste sono 3 tecniche pratiche per utilizzare il corpo in modo strategico:
L'enumerazione: numerare i concetti con le dita in modo visibile aiuta a collocare le idee nello spazio, rendendole quasi palpabili per l'ascoltatore.
Le pause: sono vitali per concedere all'interlocutore il tempo fisico di elaborare un concetto prima di passare al successivo. La fretta è nemica della comprensione.
Il movimento e la gestualità: coinvolgere tutto il corpo permette alla tua espressività di emergere naturalmente. Puoi "collocare" i concetti nello spazio, mostrando fisicamente percorsi dal problema alla soluzione, facilitando così la comprensione. Noi italiani, in particolare, gesticoliamo naturalmente, e reprimerlo ci fa apparire innaturali.
Tutti questi strumenti – lo spostamento del focus, l'autenticità e le tecniche fisiche – hanno un unico scopo: aiutare chi ascolta a raggiungere la vetta della comprensione, insomma, aiutarli a capire il tuo messaggio.
12. Iniziare un discorso col botto grazie al silenzio.
Come iniziare un discorso senza usare le parole ma ottenendo subito l’attenzione più forte.
Ritengo il silenzio la strategia più potente per iniziare un discorso, catturando immediatamente l'attenzione del pubblico. Questo vuoto genera attesa, segnalando l'importanza di ciò che sto per comunicare e preparandoli all'ascolto. Ascolta nel podcast sopra come puoi applicarlo.
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Come catturare immediatamente l'attenzione del pubblico all'inizio di un discorso, una presentazione o un intervento: l'uso strategico del silenzio.
Siamo nel il momento che precede le parole: è lo spazio e il momento che fissa una relazione immediata con l'uditorio.
Perché funziona.
Il meccanismo psicologico del silenzio crea un "vuoto" che la natura umana tende a detestare e, di conseguenza, a voler riempire. Questo vuoto genera un'aspettativa nel pubblico, spingendolo a concedere la propria attenzione.
Ecco cosa puoi fare: tipo un silenzio davanti alle persone, magari sorridi anche con lo scopo di mandare un messaggio implicito e di basso costo energetico: "Ciò che sto per dire è così importante che merita questa attesa, merita questo silenzio".
Questo stabilisce una direzione immediata verso le parole che seguiranno, riconoscendo che il linguaggio articolato è l'elemento più significativo per la comunicazione umana: siamo tutti in attesa delle parole!
Come applicare la tecnica
La sequenza operativa è semplice e diretta:
Posizionati nel punto da cui si intende parlare.
Mantieni il silenzio.
Guarda le persone:
passando lo sguardo da un lato all'altro del pubblico se di alcune decine di persone o più;
guardandole una a una, se siamo davanti a circa una decina di persone o meno.
Una volta che hai percepito con chiarezza della presenza del pubblico, puoi finalmente iniziare a parlare.
Benefici e considerazioni
L'adozione di questa tecnica è estremamente coinvolgente.
Questo inizio silenzioso è sensato perché dirige immediatamente l'attenzione verso il contenuto principale o la tesi che desideri poi mandare al pubblico in ascolto.
Mi rendo conto che possa sulle prime risultare imbarazzante. Mi rendo conto che se non ha mai applicato questa tecnica potresti esserne scettico. Ma poiché la sperimentata più volte personalmente e la sperimentano e ormai utilizzano i miei clienti che sono stati in formazione con me - e i risultati sono potenti - ti suggerisco col cuore: provala! È l'unico modo per renderti conto quanto sia potente.
Provala!
11. Far riflettere il pubblico fin dall'inizio.
Per un coinvolgimento profondo possiamo aiutarlo a riflettere su stesso… senza nemmeno dirglielo. Lo facciamo e basta, ecco come.
Ti presento l'approccio per iniziare un intervento con lo scopo di innescare la riflessione, più che il ragionamento. Per un coinvolgimento profondo, presento situazioni in cui il pubblico possa riconoscersi, partendo dalla sua realtà e guidandolo alla mia tesi.
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Pongo una distinzione fondamentale tra un discorso che fa ragionare e uno che fa riflettere.
Il primo si rivolge alla logica, presentando una sequenza di pensieri guidati, dove A porta a B e così via. Le parole hanno lo stesso significato sia per chi parla che per chi ascolta.
La riflessione, invece, è un movimento interiore. Avviene quando l'ascoltatore si rivede nell'esperienza del relatore, come allo specchio. L'obiettivo di un inizio riflessivo non è convincere con la logica, ma agganciare il pubblico attraverso il rispecchiamento o il riconoscimento.
Per innescare questa riflessione, è cruciale presentare esempi o situazioni in cui il pubblico possa riconoscersi o rispecchiarsi, sentendo che "quella è la mia situazione".
Questo richiede la conoscenza approfondita del proprio pubblico e il coraggio di esporre affermazioni ed esempi che li tocchino nel profondo. L'approccio consiste nel partire dalla realtà dell'ascoltatore per poi guidarlo verso la propria tesi. Le storie sono uno strumento ideale per raggiungere questo scopo.
10. Raccontare una storia per iniziare una presentazione o un discorso
Come iniziare una presentazione, un discorso, un intervento, con un racconto per permettere al pubblico di elaborare autonomamente le emozioni e le riflessioni.
Per iniziare una presentazione, un discorso, un intervento, il racconto cattura l'attenzione introducendo un problema e la sua risoluzione. È fondamentale narrare la storia in modo neutro, senza recitazione o anticipazioni, per permettere al pubblico di elaborare autonomamente le emozioni e le riflessioni.
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Per iniziare una presentazione, un discorso o un intervento, il racconto è un metodo coinvolgente che cattura l'attenzione del pubblico, poiché tutti siamo naturalmente curiosi di conoscere lo sviluppo e la risoluzione di una vicenda che nasce da un problema.
La storia deve essere funzionale all'idea centrale della presentazione e non deve necessariamente essere la classica narrazione inflazionata del "viaggio dell'eroe" che, essendo ormai diffusa, rischia di risultare offensiva per l'intelligenza del pubblico e una perdita di tempo. (Tuttavia questo non significa che il viaggio dell'eroe non funzioni, anzi!)
Una storia può anche servire a presentare il relatore, fornendo un'immagine potente e memorabile anziché un tradizionale elenco di titoli o un CV.
Gli elementi strutturali di una storia efficace includono:
la situazione iniziale normale che viene interrotta da un problema;
una serie di tentativi da parte del protagonista per risolverlo;
la soluzione al problema, che può essere comunicata immediatamente dopo il racconto o sospesa fino alla fine della presentazione. Se sospesa, deve costituire un punto di svolta significativo, strettamente legato al messaggio centrale e non solo un espediente per mantenere l'attenzione.
È fondamentale che la storia abbia una collocazione temporale ("quando") e spaziale ("dove") precisa, poiché questi elementi funzionano da ancoraggi di chiarezza e devono essere funzionali al messaggio centrale.
Nel narrare, è cruciale evitare la recitazione o l'espressione diretta di reazioni emotive, poiché il pubblico preferisce elaborare autonomamente l'interpretazione emotiva della vicenda. Allo stesso modo, il mio consigliò di evitare anticipazioni o riflessioni successive maturate dopo l'evento, raccontando la storia in modo neutro.
"Neutro" non significa indifferente, ma implica non caricare il racconto di recitazione o di ragionamenti postumi, permettendo così al pubblico di divertirsi a caricarlo di proprie riflessioni e ragionamenti.
Ogni aspetto del racconto deve sempre convergere sull'idea centrale o sul messaggio chiave dell'intervento.
9. Cosa mettere in valigia per iniziare bene un discorso.
Un esordio troppo memorabile che eclissa il contenuto crea solo problemi. È cruciale che ogni parte del discorso, compreso l'inizio, converga sull'idea principale.
Domandarsi SOLO "come iniziare un discorso" può essere fuorviante. Un esordio troppo memorabile che eclissa il contenuto crea solo problemi. È cruciale che ogni parte del discorso, compreso l'inizio, converga sull'idea principale.
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Domandarsi come iniziare un discorso è una domanda potenzialmente fuorviante. Non considera il fattore più importante: il messaggio centrale.
Un inizio memorabile, purtroppo, spesso porta le persone a ricordarsi solo di quello, non del messaggio principale che si voleva trasmettere – sia esso un nuovo progetto, un prodotto o un servizio.
La chiave è che l'inizio della presentazione deve essere sempre subordinato al messaggio centrale. Come quando si prepara una valigia, non si pensa solo "cosa metto in valigia?", ma "dove e quando vado in vacanza?". Allo stesso modo, l'inizio dell'intervento dipende dal "dove e quando", ovvero dal messaggio che vogliamo inviare.
È cruciale fare una ricerca di idee che ruoti attorno a questo messaggio principale. Solo dopo averne generate molte, si potrà scegliere un'idea per cominciare, perché sarà intrinsecamente legata e subordinata al fulcro del discorso.
Il contrario, cioè partire da un inizio roboante per poi "declinare" il resto, sarebbe un lavoro sterile. Significa condizionare ogni argomentazione a favore di un inizio che, per quanto bello, non è radicato nell'idea centrale e può essere consigliato da chi non ha un interesse diretto nella sua efficacia.
Il messaggio centrale è come il nucleo di un pianeta: tutto si irradia da esso e tutto deve ritornarvi, è una "legge universale".
8. Come iniziare un discorso o una presentazione in modo sensato.
Un inizio efficace deve essere "sensato". Lo scopo: avere un pubblico che ti ascolta, fin dalla prima parola.
Come iniziare una presentazione, un intervento pubblico? Un inizio efficace deve essere "sensato": deve dare subito una direzione chiara verso la mia tesi. Lo scopo: avere un pubblico che ti ascolta, fin dalla prima parola.
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L’inizio di ogni tuo intervento deve essere sensato. Primo, deve essere logico.
Secondo, deve avere una direzione precisa verso la tua tesi: l’idea principale che vuoi comunicare. Tutto ciò che dici deve convergere verso quell'idea centrale, e quindi anche l'inizio deve mirare fin da subito in quella direzione.
L'errore da non fare
L'errore più diffuso è cercare online una frase celebre, piazzarla all’inizio e poi non usarla più all'interno del discorso. Così facendo, la citazione non ha alcun senso rispetto alla tua idea centrale.
Prima ancora di pensare all’inizio, chiediti qual è il messaggio principale che vuoi dare, perché il messaggio deve essere uno solo. L'inizio, come ogni altro argomento, serve a sostenere quel messaggio. Se usi una citazione, quindi, deve essere funzionale e devi riutilizzarla.
Due strutture a tua disposizione
Lo sviluppo del tuo discorso può seguire due macro-strutture:
Lineare: procedi aggiungendo argomentazioni passo dopo passo per dare forza alla tua idea centrale. Se presenti un prodotto, ad esempio, puoi parlare dei problemi che risolve e dei benefici che dà, costruendo una serie di argomentazioni che portino il cliente a desiderarlo.
Circolare: questa struttura consiste nel ripresentare alla fine ciò che avevi introdotto all'inizio, ma arricchendolo di un nuovo significato. Per capire bene questo passaggio, ti consiglio di ascoltare l’audio del podcast.
La domanda chiave per te
La domanda fondamentale da porti è: che senso ha questo inizio? Va in direzione della mia tesi o è semplicemente un abbellimento?
Nell'audio del podcast, ti spiego come funziona.
Per aiutarti a valutare se iniziare con un racconto o con una citazione, ti consiglio di scaricare la mia checklist operativa e gratuita.
7. Come imparare a comunicare efficacemente.
Il metodo per imparare a comunicare con efficacia smontando la comunicazione altrui.
La comunicazione è efficace quando permette 2 risultati: far capire il messaggio e far sapere al destinatario cosa farsene del messaggio.
Il metodo per imparare a comunicare con efficacia consiste nell'analizzare la comunicazione degli altri, smontandola nelle sue 6 funzioni fondamentali.
Questo ci serve per imparare poi a costruire la nostra comunicazione in modo naturale.
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Comunicazione efficace.
La nostra comunicazione è efficace quando si verificano 2 condizioni:
Chi ti ascolta capisce il tuo messaggio immediatamente o nel minor tempo possibile.
Chi ha capito sa cosa fare con ciò che ha capito.
Per ottenere questi risultati qui ti propongo il metodo dello smontaggio della comunicazione altrui. Così come si smonta un motore per capirne le parti semplici. Ti offro le sei funzioni della comunicazione, basate sui fattori di Jacobson, come strumento per questa analisi.
Comprendere queste funzioni ti permetterà di capire come le comunicazioni sono costruite e, di conseguenza, di costruire la tua comunicazione in modo efficace e naturale. Il punto cruciale è che l'ascoltatore non si limiti a capire, ma sappia anche cosa fare con le informazioni fornite.
Questo è il beneficio ultimo: la tua comunicazione non si ripiega su se stessa, ma può generare azioni e risultati.
Invece di focalizzarti solo su "come" costruire, impara a "smontare" la comunicazione degli altri. Questo ti insegnerà a smontare anche la tua a posteriori, per migliorarla continuamente.
Ecco le 6 funzioni che utilizzeremo per smontare la comunicazione, ti consiglio di ascoltare il podcast, dove le svilisce nei dettagli.
Funzione Referenziale. Si concentra sul contesto, ciò che dobbiamo sapere.
La vediamo applicata nelle presentazioni di prodotti e servizi: caratteristiche, numeri, funzionamento, a cosa serve… È spesso l'unica usata, ma un mero elenco di caratteristiche è come un PDF. Manca la relazione umana. Riferirsi a protocolli noti con i colleghi è referenziale, ma lo si fa con uno scopo, non fine a sé stesso.
Funzione Emotiva. Si concentra sul mittente, la persona che sta parlando.
Riguarda l'espressione del proprio sentimento per ciò che si comunica. È fondamentale perché trasmette passione e costruisce la relazione umana, rinforzando il messaggio e conducendo allo scopo. Se non credi in ciò che dici, è difficile trasmettere entusiasmo.
Funzione Metalinguistica (o Metacomunicativa). Si concentra sul codice, il linguaggio o la comunicazione stessa.
Si manifesta in più occasioni: quando si spiegano termini tecnici (un errore comune è usare gergo specialistico dando per scontato che l'ascoltatore lo conosca); quando si comunica sulla propria comunicazione, spiegando come è stata costruita o perché si è scelto un certo modo di comunicare.
Funzione Fàtica (o di Contatto). Si concentra sul canale/contatto.
Serve a verificare che il canale funzioni (ad esempio in video call: "Mi senti?") o a mantenere il contatto psicologico.
Accade anche quando chi parla tocca l'interlocutore. Viene applicata anche con l'uso di intercalari (come "chiaramente" ripetuto senza significato) per riempire i silenzi. I suggerimento di evitare gli intercalari per tenere la comunicazione più leggera e facile da capire (qui puoi approfondire come eliminare gli intercalari).
Funzione Poetica: Si concentra sul messaggio in sé, sulla sua qualità o forma.
Può essere scivolosa se usata per creare un effetto (es. "effetto wow") scollegato dallo scopo del messaggio. Funziona efficacemente quando si esprime attraverso l'espressività, il coinvolgimento personale, l'umorismo.
Funzione Conativa. Si concentra sul destinatario.
È la più importante per qualunque comunicazione, specialmente quella professionale. Il suo scopo è portare l'ascoltatore a fare qualcosa. Per esempio le "call to action" esplicite (come invitarti a scaricare il mio corso gratuito o chiedere una formazione individuale), pubblicità (invito implicito all'acquisto), richieste dei collaboratori (implicite o esplicite) e messaggi politici e religiosi.
La funzione conativa dovrebbe essere sempre presente nella comunicazione professionale, altrimenti il messaggio rischia di essere fine a sé stesso e l'ascoltatore non saprà cosa farne.
Quando smonti la comunicazione altrui, cerca la funzione conativa.
Capire dove si trova e come è utilizzata ti fornirà gli strumenti per costruire la tua comunicazione efficace che porti le persone a fare ciò che desideri.
6. Parlare con sicurezza. 5 strategie anti ansia per comunicare sicuri.
La vera sicurezza non si basa sulle tecniche, ma sull'essere pienamente presenti in ciò che si dice nel momento in cui lo si dice.
La ricerca dell'approvazione e la preoccupazione anticipata per il risultato finale generano ansia e minano la sicurezza nella comunicazione.
La vera sicurezza non si basa sulle tecniche, ma sul concentrarsi su sé stessi e sull'essere pienamente presenti in ciò che si dice nel momento in cui lo si dice. Questo focus sul presente e l'assaporare il discorso costruisce autorevolezza e relazioni professionali solide.
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La Strategia della cordata per migliorare le relazioni.
L'obiettivo della Strategia della cordata è migliorare la relazione con i clienti, riducendo al contempo la nostra fatica.
Questo porta a una maggiore chiarezza nella comunicazione, maggiore fiducia da parte del cliente o potenziale cliente e una connessione più forte. Il cliente percepisce una maggiore professionalità e una comunicazione più chiara, sentendosi soprattutto ascoltato e compreso.
Questo si traduce in una maggiore sicurezza per noi e in una maggiore probabilità di soddisfare le esigenze del cliente.
Da fornitore di prodotti o servizi a partner di cordata
La Strategia della cordata trasforma chi propone un prodotto o servizio da mero fornitore a vero e proprio partner di cordata, come in una scalata fatta insieme.
Ciò riduce le incomprensioni e permette una gestione virtuosa delle obiezioni, che diventano persino desiderabili per mostrare il nostro valore.
L'approccio tradizionale prevede che a una richiesta del cliente seguano subito con le nostre spiegazioni occupando anche il 90% del tempo di interazione. Questo approccio classico e faticoso e fa sentire al cliente l'odore della vendita e la mancanza di ascolto.
Questo approccio potrebbe essere utile solo qualora potessimo proporre una sola soluzione.
Ma se abbiamo alternative o vendiamo servizi o prodotti su misura, possiamo risparmiare energie e lavorare con il cliente. La strategia vale sia per i clienti esterni che per i collaboratori interni. L'obiettivo è diventare consulenti del cliente.
La cordata: dinamica e condivisa.
La metafora della cordata implica che il cliente arrampica con noi verso la soluzione.
Durante una scalata in montagna, specialmente su un percorso non ancora esplorato, si utilizzano strumenti che permettono di salire la vetta in sicurezza: chiodi, rinvii e corda. Ve sono altri, ma a noi interessano questi.
I chiodi devono essere conficcati, inchiodati, tra le fessure della roccia. I chiodi servono per assicurarsi. Sono degli ancoraggi, dei punti fermi da cui partire insieme. I chiodi sono i punti fermi che regolano l'interazione fra noi e il cliente. È il cliente a porre i primi punti fermi. Anche noi possiamo farlo, ma solo successivamente.
Sui chiodi vengono poi fissati altri strumenti per far passare la corda in sicurezza, sono i rinvii. Il rinvio è composto da due moschettoni tenuti assieme da un anello di corda, che permettono il passaggio della corda in sicurezza.
Si tratta di un lavoro di squadra a due. In cordata, ora è avanti uno, ora l'altro; ci scambiamo.
Non solo noi siamo consulenti, ma il cliente diventa nostro consulente, fornendoci informazioni essenziali.
La responsabilità generale è però sempre nostra. Dobbiamo decidere quando guidare noi e quando farci guidare di più dal cliente. Si arriva a una proprietà condivisa del problema e della soluzione.
Entrambi apprendiamo ("prendere") i "chiodi" dell'altro e condividiamo i "rinvii".
Una relazione efficace è una cordata dinamica, non uno che tira e l'altro che segue. La guida si adatta alle difficoltà e alle specificità che emergono. L'obiettivo è raggiungere la vetta in sicurezza ed efficienza. I rinvii simboleggiano i punti di connessione, accordo e supporto reciproco che permettono la progressione collaborativa.
8 passaggi della Strategia della cordata
La strategia della cordata si articola in più passaggi. Qui ne analizziamo otto.
Ascoltare. Il primo passaggio è ascoltare. Ascoltare in silenzio, evitando di commentare o annuire continuamente, perché distrae noi e l'interlocutore. Non si tratta di rinforzare inutilmente le sue parole. L'ascolto permette al cliente di fissare i suoi primi chiodi, a cui poi potremmo ancorarci.
Fare il punto della situazione e rimandare. Dopo l'ascolto, durante il quale il cliente fornisce informazioni spesso lacunose, è necessario fare il punto della situazione.
Si tratta di sintetizzare i suoi racconti, raccogliere le parti importanti e rimandargliele (entra in gioco il rinvio). Dobbiamo usare il linguaggio del cliente. Questo è il secondo passaggio: essere trasparenti sulla necessità di fare una verifica. Verifichiamo di aver capito il suo problema, e così facendo, anche il cliente si rende conto se abbiamo capito.
E qualora non avessimo capito cosa intendesse il cliente? Non è una brutta figura se non abbiamo capito. Si tratta invece di un'opportunità per capire meglio e fare una proposta mirata.
Dobbiamo abbandonare l'orgoglio e arrampicarci insieme. Rimandare il concetto dell'interlocutore è come piantare "chiodi", ancoraggi che permettono di proseguire insieme in sicurezza. Dicendo "Ok, eri primo tu, adesso passo avanti io e faccio da apripista, seguimi", stiamo piantando un chiodo dopo l’altro.
Empatia. Questo terzo punto ha a che fare con l'empatia. Non significa provare le stesse emozioni, ma rendersi conto delle emozioni del cliente per poterlo aiutare. È vitale. Dobbiamo sentirla davvero, non usare frasi fatte.
L'empatia non è una competenza, ma un modo di essere e di relazionarsi. Possiamo applicare tecniche che ci permettono di vivere la relazione in modo empatico, come riprendere e dichiarare esplicitamente il sentimento della persona o fare ipotesi semplici. Deve essere sincero e sentito.
(Me ne rendo conto, la parola "empatia" è oggi abusata. Tuttavia, il processo è di per sé indispensabile.)
Evitare le frasi fatte. Chiusa frasi fatte per rassicurare le persone è come se si volesse portare da casa la roccia da arrampicare. Un paradosso inutile.
Frasi come "Ti capisco, andrà tutto bene" aumentano solo sfiducia e preoccupazione. Non c'è nulla da imparare a memoria. Dobbiamo prendere le parole del cliente e svilupparle in ragione della co-arrampicata.
Capire a cosa tiene veramente il cliente. Questo quinto passaggio consiste nel capire a cosa il cliente dà veramente importanza. Non è solo la dimensione razionale o economica, ma il valore su cui sta facendo un investimento emozionale. Le sue difficoltà e incertezze, se presenti, prevalgono sulla richiesta razionale. Dobbiamo indagare, non decidere noi a priori.
Esplicitare la nostra passione o opinione professionale. Finalmente possiamo fare la nostra proposta.
Questo sesto passaggio ci permette di esplicitare la nostra opinione professionale. Ma anche la nostra passione per quanto stiamo facendo, se è vero.
Dobbiamo riconoscerci il diritto di esprimere il nostro sentimento reale e sentito. Questo dimostra che siamo vivi e coinvolti. Dimostrare la nostra professionalità con titoli o conoscenze sarebbe la via più scontata.
Nella percezione del cliente, la nostra professionalità emerge dal modo con cui egli si sente ascoltato, compreso, aiutato. Significa in altri termini utilizzare una corda robusta non in senso assoluto, ma nella percezione di chi la sta utilizzando.
Spiegare la proposta molto bene. Spiegarla bene non significa usare parole tecniche o concetti astrusi per dimostrare quanto abbiamo studiato nella nostra vita (professionale). Significa spiegarla in modo che il cliente capisca, usando il suo linguaggio. Il linguaggio deve essere semplice, le spiegazioni dirette, senza dettagli inutili che possono fuorviare. I cliente dovrebbe poter riconoscere con semplicità i chiodi e i rinvii che noi gli stiamo indicando.
Comunicare con calma. La chiarezza dipende dall'aiutare chi ci ascolta a capire. Sebbene il cliente abbia responsabilità, dobbiamo facilitarlo. Non dobbiamo "vomitare" concetti addosso, ma andare con calma, usando pause dopo i concetti. La pausa è una tecnica che potenzia il messaggio, migliorando la connessione e la soddisfazione del cliente.
E poi vi sono molte altre tecniche espressive da utilizzarsi sempre in una relazione ragionata con le nostre affermazioni.
Il cliente è il protagonista.
Soprattutto nella fase iniziale dell'interazione il vero protagonista è il cliente.
È dal suo punto di vista che osserviamo la situazione.
Noi siamo dei comprimari che aiutano a esplicitare la problematica. Il cliente è il titolare del problema. Egli apre la via esponendo la sua visione e le sue necessità. Ci indica la strada della cordata da fare insieme, perché è lui che conosce la propria attività e il proprio contesto.
Con questa strategia il cliente diventa il nostro miglior consulente.
5. Migliorare la comunicazione con i clienti: la Strategia della cordata.
Aumentare la chiarezza della comunicazione, la fiducia del cliente e una connessione più forte. Il cliente diventa il nostro miglior consulente.
Ho concepito la Strategia della cordata per migliorare la relazione con i nostri clienti e ridurre la nostra fatica quando interagiamo con loro.
L'obiettivo è aumentare la chiarezza della comunicazione, la fiducia del cliente e una connessione più forte. Il cliente si sente ascoltato e compreso, percependo maggiore professionalità da parte nostra.
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La Strategia della cordata per migliorare le relazioni.
L'obiettivo della Strategia della cordata è migliorare la relazione con i clienti, riducendo al contempo la nostra fatica.
Questo porta a una maggiore chiarezza nella comunicazione, maggiore fiducia da parte del cliente o potenziale cliente e una connessione più forte. Il cliente percepisce una maggiore professionalità e una comunicazione più chiara, sentendosi soprattutto ascoltato e compreso.
Questo si traduce in una maggiore sicurezza per noi e in una maggiore probabilità di soddisfare le esigenze del cliente.
Da fornitore di prodotti o servizi a partner di cordata
La Strategia della cordata trasforma chi propone un prodotto o servizio da mero fornitore a vero e proprio partner di cordata, come in una scalata fatta insieme.
Ciò riduce le incomprensioni e permette una gestione virtuosa delle obiezioni, che diventano persino desiderabili per mostrare il nostro valore.
L'approccio tradizionale prevede che a una richiesta del cliente seguano subito con le nostre spiegazioni occupando anche il 90% del tempo di interazione. Questo approccio classico e faticoso e fa sentire al cliente l'odore della vendita e la mancanza di ascolto.
Questo approccio potrebbe essere utile solo qualora potessimo proporre una sola soluzione.
Ma se abbiamo alternative o vendiamo servizi o prodotti su misura, possiamo risparmiare energie e lavorare con il cliente. La strategia vale sia per i clienti esterni che per i collaboratori interni. L'obiettivo è diventare consulenti del cliente.
La cordata: dinamica e condivisa.
La metafora della cordata implica che il cliente arrampica con noi verso la soluzione.
Durante una scalata in montagna, specialmente su un percorso non ancora esplorato, si utilizzano strumenti che permettono di salire la vetta in sicurezza: chiodi, rinvii e corda. Ve sono altri, ma a noi interessano questi.
I chiodi devono essere conficcati, inchiodati, tra le fessure della roccia. I chiodi servono per assicurarsi. Sono degli ancoraggi, dei punti fermi da cui partire insieme. I chiodi sono i punti fermi che regolano l'interazione fra noi e il cliente. È il cliente a porre i primi punti fermi. Anche noi possiamo farlo, ma solo successivamente.
Sui chiodi vengono poi fissati altri strumenti per far passare la corda in sicurezza, sono i rinvii. Il rinvio è composto da due moschettoni tenuti assieme da un anello di corda, che permettono il passaggio della corda in sicurezza.
Si tratta di un lavoro di squadra a due. In cordata, ora è avanti uno, ora l'altro; ci scambiamo.
Non solo noi siamo consulenti, ma il cliente diventa nostro consulente, fornendoci informazioni essenziali.
La responsabilità generale è però sempre nostra. Dobbiamo decidere quando guidare noi e quando farci guidare di più dal cliente. Si arriva a una proprietà condivisa del problema e della soluzione.
Entrambi apprendiamo ("prendere") i "chiodi" dell'altro e condividiamo i "rinvii".
Una relazione efficace è una cordata dinamica, non uno che tira e l'altro che segue. La guida si adatta alle difficoltà e alle specificità che emergono. L'obiettivo è raggiungere la vetta in sicurezza ed efficienza. I rinvii simboleggiano i punti di connessione, accordo e supporto reciproco che permettono la progressione collaborativa.
8 passaggi della Strategia della cordata
La strategia della cordata si articola in più passaggi. Qui ne analizziamo otto.
Ascoltare. Il primo passaggio è ascoltare. Ascoltare in silenzio, evitando di commentare o annuire continuamente, perché distrae noi e l'interlocutore. Non si tratta di rinforzare inutilmente le sue parole. L'ascolto permette al cliente di fissare i suoi primi chiodi, a cui poi potremmo ancorarci.
Fare il punto della situazione e rimandare. Dopo l'ascolto, durante il quale il cliente fornisce informazioni spesso lacunose, è necessario fare il punto della situazione.
Si tratta di sintetizzare i suoi racconti, raccogliere le parti importanti e rimandargliele (entra in gioco il rinvio). Dobbiamo usare il linguaggio del cliente. Questo è il secondo passaggio: essere trasparenti sulla necessità di fare una verifica. Verifichiamo di aver capito il suo problema, e così facendo, anche il cliente si rende conto se abbiamo capito.
E qualora non avessimo capito cosa intendesse il cliente? Non è una brutta figura se non abbiamo capito. Si tratta invece di un'opportunità per capire meglio e fare una proposta mirata.
Dobbiamo abbandonare l'orgoglio e arrampicarci insieme. Rimandare il concetto dell'interlocutore è come piantare "chiodi", ancoraggi che permettono di proseguire insieme in sicurezza. Dicendo "Ok, eri primo tu, adesso passo avanti io e faccio da apripista, seguimi", stiamo piantando un chiodo dopo l’altro.
Empatia. Questo terzo punto ha a che fare con l'empatia. Non significa provare le stesse emozioni, ma rendersi conto delle emozioni del cliente per poterlo aiutare. È vitale. Dobbiamo sentirla davvero, non usare frasi fatte.
L'empatia non è una competenza, ma un modo di essere e di relazionarsi. Possiamo applicare tecniche che ci permettono di vivere la relazione in modo empatico, come riprendere e dichiarare esplicitamente il sentimento della persona o fare ipotesi semplici. Deve essere sincero e sentito.
(Me ne rendo conto, la parola "empatia" è oggi abusata. Tuttavia, il processo è di per sé indispensabile.)
Evitare le frasi fatte. Chiusa frasi fatte per rassicurare le persone è come se si volesse portare da casa la roccia da arrampicare. Un paradosso inutile.
Frasi come "Ti capisco, andrà tutto bene" aumentano solo sfiducia e preoccupazione. Non c'è nulla da imparare a memoria. Dobbiamo prendere le parole del cliente e svilupparle in ragione della co-arrampicata.
Capire a cosa tiene veramente il cliente. Questo quinto passaggio consiste nel capire a cosa il cliente dà veramente importanza. Non è solo la dimensione razionale o economica, ma il valore su cui sta facendo un investimento emozionale. Le sue difficoltà e incertezze, se presenti, prevalgono sulla richiesta razionale. Dobbiamo indagare, non decidere noi a priori.
Esplicitare la nostra passione o opinione professionale. Finalmente possiamo fare la nostra proposta.
Questo sesto passaggio ci permette di esplicitare la nostra opinione professionale. Ma anche la nostra passione per quanto stiamo facendo, se è vero.
Dobbiamo riconoscerci il diritto di esprimere il nostro sentimento reale e sentito. Questo dimostra che siamo vivi e coinvolti. Dimostrare la nostra professionalità con titoli o conoscenze sarebbe la via più scontata.
Nella percezione del cliente, la nostra professionalità emerge dal modo con cui egli si sente ascoltato, compreso, aiutato. Significa in altri termini utilizzare una corda robusta non in senso assoluto, ma nella percezione di chi la sta utilizzando.
Spiegare la proposta molto bene. Spiegarla bene non significa usare parole tecniche o concetti astrusi per dimostrare quanto abbiamo studiato nella nostra vita (professionale). Significa spiegarla in modo che il cliente capisca, usando il suo linguaggio. Il linguaggio deve essere semplice, le spiegazioni dirette, senza dettagli inutili che possono fuorviare. I cliente dovrebbe poter riconoscere con semplicità i chiodi e i rinvii che noi gli stiamo indicando.
Comunicare con calma. La chiarezza dipende dall'aiutare chi ci ascolta a capire. Sebbene il cliente abbia responsabilità, dobbiamo facilitarlo. Non dobbiamo "vomitare" concetti addosso, ma andare con calma, usando pause dopo i concetti. La pausa è una tecnica che potenzia il messaggio, migliorando la connessione e la soddisfazione del cliente.
E poi vi sono molte altre tecniche espressive da utilizzarsi sempre in una relazione ragionata con le nostre affermazioni.
Il cliente è il protagonista.
Soprattutto nella fase iniziale dell'interazione il vero protagonista è il cliente.
È dal suo punto di vista che osserviamo la situazione.
Noi siamo dei comprimari che aiutano a esplicitare la problematica. Il cliente è il titolare del problema. Egli apre la via esponendo la sua visione e le sue necessità. Ci indica la strada della cordata da fare insieme, perché è lui che conosce la propria attività e il proprio contesto.
Con questa strategia il cliente diventa il nostro miglior consulente.
4. Lo sguardo quando parliamo e comunichiamo.
Potenziare il messaggio quando fai presentazioni usando il tuo sguardo. Trasformare il problema dello sguardo in una efficace risorsa espressiva.
L'obiettivo è affrontare la fatica nella gestione dello sguardo per farne un alleato potente del messaggio. Qui ti aiuto a rendere lo sguardo funzionale al messaggio. Il vantaggio sta nel concentrarsi sulla logica del messaggio anziché sull'ansia da prestazione.
Vediamo come e perché potenziare il messaggio usando lo sguardo, imparando dagli altri e facendone un uso strategico.
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3. Comunicare in modo convincente in 4 step.
4 step per presentare le tue idee in modo originale e autentico. L'obiettivo è far maturare la convinzione nell'interlocutore, lasciando l'impronta della tua autenticità.
Comunicare in modo convincente significa comunicare con trasparenza, originalità e autenticità, l'opposto della manipolazione.
Queste qualità derivano dalla nostra esperienza di vita e dalle 'buone ragioni' che ci rendono unici e irripetibili come professionisti. Ti spiego un metodo pratico in 4 step per presentare le tue idee in modo efficace, partendo dalle idee comuni per poi mostrare la tua prospettiva unica basata sulla tua esperienza personale.
L'obiettivo è far maturare la convinzione nell'interlocutore, lasciando l'impronta della tua autenticità.
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2. Comunicare e parlare in modo originale e autentico.
L'autorevolezza deriva non dai titoli o dal ruolo, ma dalla tua originalità e autenticità. Obiettivo: valorizzare la tua unicità professionale e umana.
L'autorevolezza deriva non dai titoli o dal ruolo, ma dalla tua originalità e autenticità.
Originalità è essere l'origine di ciò che dici (dalla tua esperienza). Autenticità è esserne l'autore, con buone ragioni e responsabilità.
Tutto ciò definisce la tua impronta di comunicatore unico. Vediamo di analizzare la tua originalità è autenticità. Lo scopo è costruire relazioni professionali solide.
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Obiettivo: valorizzare la tua unicità professionale e umana.
Questa è la base perché clienti, collaboratori, colleghi ti cerchino.
Ti cercheranno perché diventi riconoscibile, perché viene riconosciuto il tuo pensiero nelle tue affermazioni.
Questo significa: autorevolezza.
L'autorevolezza è il risultato diretto della tua autenticità e originalità.
L'originalità consiste nell’essere l'origine delle cose che dici, perché derivano dalla tua esperienza. L'autenticità consiste nell’essere autore dei tuoi pensieri (basati sull'esperienza). Ciò implica genuinità e responsabilità.
1. L’originalità
L'originalità si manifesta quando quando il nostro pensiero deriva dalla nostra esperienza di vita (professionale).
Non potremmo pensarla diversamente perché ne siamo la sorgente, il terreno fertile da cui germina la nostra identità professionale. È logico e naturale.
Per questo l'originalità non è una costruzione a tavolino, non si progetta con "squadra e righello". Questo approccio fallisce, come spesso si vede nelle indagini di brand positioning che producono solo elenchi di valori generici.
Per capire la nostra originalità e autenticità è necessario avere coscienza di chi siamo davvero e di cosa ci viene riconosciuto.
2. L’autenticità.
L'autenticità consiste nell'essere autori delle cose che pensiamo e delle buone ragioni per cui le pensiamo.
È un modo di condividere la nostra originalità e di argomentarla. Richiama anche la genuinità, la schiettezza, diventando anche una qualità morale.
Essere autentici significa avere coerenza tra la nostra essenza e la sua manifestazione pubblica (la radice delle parole "autore" e "autentico" è la stessa).
3. La ricerca della tua originalità e autenticità
Lavorando con i miei clienti in consulenza e in formazione, ho individuato due ambiti su cui lavorare per scoprire il tuo sguardo unico e irripetibile.
Qui sotto trovi le domande che ti aiutano a fare il punto della situazione. Nel podcast ti guido nella ricerca della tua via unica irripetibile all'originalità e autenticità.
A. L'esclusione di ciò che non ti appartiene:
Cosa non ti piace o non ti convince di ciò che dicono gli altri nel tuo settore, soprattutto i luoghi comuni che sembrano mancare di concretezza?
Che cosa ti fa arrabbiare dei luoghi comuni che circolano nel tuo ambito professionale?
Quali affermazioni comuni consideri prive di senso basandoti sulla tua esperienza?
B. L'identificazione delle tue idee pilastro:
Rispetto agli inizi della tua carriera, le tue opinioni iniziali come sono evolute?
Cosa ti dice la tua esperienza che funziona davvero nella pratica?
Che cosa ripeti quasi ogni giorno alle persone e a te stesso?
Il podcast ti guida a scoprire e far emergere ciò che le persone cercano davvero: il tuo "sguardo". È l'occhio personale, il filtro unico che riflette la tua esperienza di vita (professionale) e il pensiero che ti distingue dagli altri, anche se avete gli stessi titoli.
Buon ascolto!
1. Come interessare clienti e collaboratori quando comunichiamo.
Per coinvolgere clienti e collaboratori ci serve rendere interessanti i nostri interventi. Vale per le presentazioni preparate e per gli interventi improvvisati. Obiettivo: suscitare interesse guardando a ciò che sta fra noi e chi ci ascolta.
Per coinvolgere clienti e collaboratori ci serve rendere interessanti i nostri interventi. Vale per le presentazioni preparate e per gli interventi improvvisati. Obiettivo: suscitare interesse guardando a ciò che sta fra noi e chi ci ascolta. Tre i fattori chiave: contenuti, argomenti, obiettivi.
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Come interessare clienti e collaboratori quando comunichiamo.
Lo scopo finale è interessare le persone per poterle coinvolgere e portarle verso la nostra proposta.
Questo è possibile, se portiamo chi ci ascolta a guardare ciò che desideriamo che guardi.
La parola interessante ha in origine il significato di qualcosa che si trova “inter”, cioè in mezzo fra una persona e l'altra.
Entriamo nei dettagli con i tre fattori chiave (nel podcast sopra ti spiego di più.
1. Primo fattore chiave: i contenuti
Distinguiamo tra il tema, il macro ambito di cui parliamo, e la tesi, che è la nostra idea centrale, la risposta alle domande che emergono dal tema.
In una presentazione preparata, scegliamo noi il tema, ma dobbiamo chiederci se quel tema interessi davvero ai nostri interlocutori. Spesso dobbiamo spostare il focus sul vero interesse dell'altro.
La tesi è la nostra visione, ma dobbiamo guidare gli altri a comprenderla.
In un intervento non preparato, il tema lo porta l'altra persona. Ascoltiamo attentamente e, se abbiamo già una tesi, aiutiamo l'altro a vederla gradualmente. Oppure, ancora meglio, poniamo domande per far sì che sia l'altra persona a trovare la sua tesi, la sua risposta.
Questo porta due vantaggi:
noi fatichiamo meno e la persona ricorderà meglio la risposta;
l'altra persona potrebbe portare un'idea a cui noi non avevamo pensato.
Ecco le 3 domande per impostare l’intervento:
qual è la tua idea centrale?
dove vuoi portare le persone?
ti sei dato il tempo per osservare bene lo spazio che ti sta portando l'altra persona?
2. Secondo fattore chiave: gli argomenti.
Qui parliamo di coinvolgimento. Dobbiamo immaginare il punto di vista altrui. Non significa "metterci nei panni degli altri," ma capire da dove I nostri interlocutori stanno osservando lo spazio tra noi.
Primo passaggio: usiamo un linguaggio comprensibile. Un consulente di marketing che parla di "Lead Magnet" a un imprenditore deve prima assicurarsi che sappia di cosa si tratta.
Nelle situazioni non preparate, possiamo comportarci come detective, sospendendo il nostro giudizio e facendo domande per capire davvero cosa sia successo dal punto di vista dell'altro.
Nelle presentazioni preparate, è opportuno fare delle indagini, delle ricerche per ipotizzare il punto di vista del nostro interlocutore.
Ricorda, l'ascolto vero è una rarità. Aiutare le persone a vedere meglio il proprio punto di vista è potentissimo, te ne saranno riconoscenti.
3. Terzo fattore chiave: gli obiettivi.
Questo fattore in realtà andrebbe valutato dall'inizio.
Qual è il mio obiettivo e qual è l'obiettivo degli interlocutori a cui sto parlando ?
Il mio obiettivo di vendere un prodotto deve essere funzionale al suo obiettivo di risolvere un problema o migliorare la vita.
L'obiettivo del nostro interlocutore non esclude il nostro obiettivo. La domanda è: come i due obiettivi si supportano vicendevolmente?
Se gli obiettivi si escludono, forse noi non stiamo portando la soluzione giusta. Forse non siamo il professionista o la società giusta per quel cliente, o forse il cliente non fa per noi. A volte rischiamo di voler ficcare il quadrato nella forma del cerchio.
In sintesi, per interessare davvero chi ci ascolta la chiave è guardare ciò che sta in mezzo fra te che parli e i tuoi interlocutori. I contenuti, gli argomenti e gli obiettivi devono essere allineati. Con gli obiettivi che guidano la scelta degli argomenti sui contenuti.
Come imparare a parlare più lentamente?
Spesso ci viene detto che parliamo troppo velocemente, rendendo difficile la comprensione. Acceleriamo soprattutto quando sentiamo di non spiegarci bene, peggiorando la situazione.
Parlare troppo velocemente porta confusione sia a noi che agli ascoltatori, che potrebbero smettere di seguirci.
Spesso ci viene detto che parliamo troppo velocemente, rendendo difficile la comprensione. Acceleriamo soprattutto quando sentiamo di non spiegarci bene, peggiorando la situazione.
Parlare troppo velocemente porta confusione sia a noi che agli ascoltatori, che potrebbero smettere di seguirci.
Il principio fondamentale è aiutare chi ascolta a capire.
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Preparare un discorso coinvolgente, facendo meno fatica.
Per creare un discorso davvero coinvolgente, è necessario adottare un approccio completamente diverso, focalizzandosi sulla connessione autentica con il pubblico, sull'adattamento al momento e sulla propria unicità. Vediamo come.
Preparare un discorso coinvolgente è una sfida che molti affrontano con un approccio sbagliato, intrappolandosi in un circolo vizioso di perfezionismo e rigidità. L'ossessione per slide impeccabili, la ricerca di una perfezione irraggiungibile e la ripetizione di discorsi identici soffocano la vitalità e l'autenticità di una presentazione.
Per creare un discorso davvero coinvolgente, è necessario adottare un approccio completamente diverso, focalizzandosi sulla connessione autentica con il pubblico, sull'adattamento al momento e sulla propria unicità. Vediamo come.
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Gestire il coinvolgimento emotivo (quando diamo un FEEDBACK)
Quando stiamo dando un feedback l'emozione potrebbe prendere il sopravvento. Ecco una delle principali ragioni. Questo dovrebbe permetterci di rasserenarci e dare feedback in modo più leggero.
Come CHIEDERE feedback alle persone PER NOI
Per dare feedback efficaci dobbiamo evitare il giudizio sulla persona. In questo breve podcast spiego la tecnica pratica è l'atteggiamento utile.
EMPATIA: verso chi mostrare empatia?
Che cos'è l'empatia? Vediamo anche che cosa non è l'empatia e verso chi dovremmo cominciare davvero a esprimere empatia.