Public speaking pratico
Il podcast di Stefano Todeschi
Per imprenditori, manager e professionisti che vogliono comunicare con sicurezza e autorevolezza. Lo scopo: costruire relazioni professionali solide.
8. Come iniziare un discorso o una presentazione in modo sensato.
Un inizio efficace deve essere "sensato". Lo scopo: avere un pubblico che ti ascolta, fin dalla prima parola.
Come iniziare una presentazione, un intervento pubblico? Un inizio efficace deve essere "sensato": deve dare subito una direzione chiara verso la mia tesi. Lo scopo: avere un pubblico che ti ascolta, fin dalla prima parola.
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L’inizio di ogni tuo intervento deve essere sensato. Primo, deve essere logico.
Secondo, deve avere una direzione precisa verso la tua tesi: l’idea principale che vuoi comunicare. Tutto ciò che dici deve convergere verso quell'idea centrale, e quindi anche l'inizio deve mirare fin da subito in quella direzione.
L'errore da non fare
L'errore più diffuso è cercare online una frase celebre, piazzarla all’inizio e poi non usarla più all'interno del discorso. Così facendo, la citazione non ha alcun senso rispetto alla tua idea centrale.
Prima ancora di pensare all’inizio, chiediti qual è il messaggio principale che vuoi dare, perché il messaggio deve essere uno solo. L'inizio, come ogni altro argomento, serve a sostenere quel messaggio. Se usi una citazione, quindi, deve essere funzionale e devi riutilizzarla.
Due strutture a tua disposizione
Lo sviluppo del tuo discorso può seguire due macro-strutture:
Lineare: procedi aggiungendo argomentazioni passo dopo passo per dare forza alla tua idea centrale. Se presenti un prodotto, ad esempio, puoi parlare dei problemi che risolve e dei benefici che dà, costruendo una serie di argomentazioni che portino il cliente a desiderarlo.
Circolare: questa struttura consiste nel ripresentare alla fine ciò che avevi introdotto all'inizio, ma arricchendolo di un nuovo significato. Per capire bene questo passaggio, ti consiglio di ascoltare l’audio del podcast.
La domanda chiave per te
La domanda fondamentale da porti è: che senso ha questo inizio? Va in direzione della mia tesi o è semplicemente un abbellimento?
Nell'audio del podcast, ti spiego come funziona.
Per aiutarti a valutare se iniziare con un racconto o con una citazione, ti consiglio di scaricare la mia checklist operativa e gratuita.
7. Come imparare a comunicare efficacemente.
Il metodo per imparare a comunicare con efficacia smontando la comunicazione altrui.
La comunicazione è efficace quando permette 2 risultati: far capire il messaggio e far sapere al destinatario cosa farsene del messaggio.
Il metodo per imparare a comunicare con efficacia consiste nell'analizzare la comunicazione degli altri, smontandola nelle sue 6 funzioni fondamentali.
Questo ci serve per imparare poi a costruire la nostra comunicazione in modo naturale.
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Comunicazione efficace.
La nostra comunicazione è efficace quando si verificano 2 condizioni:
Chi ti ascolta capisce il tuo messaggio immediatamente o nel minor tempo possibile.
Chi ha capito sa cosa fare con ciò che ha capito.
Per ottenere questi risultati qui ti propongo il metodo dello smontaggio della comunicazione altrui. Così come si smonta un motore per capirne le parti semplici. Ti offro le sei funzioni della comunicazione, basate sui fattori di Jacobson, come strumento per questa analisi.
Comprendere queste funzioni ti permetterà di capire come le comunicazioni sono costruite e, di conseguenza, di costruire la tua comunicazione in modo efficace e naturale. Il punto cruciale è che l'ascoltatore non si limiti a capire, ma sappia anche cosa fare con le informazioni fornite.
Questo è il beneficio ultimo: la tua comunicazione non si ripiega su se stessa, ma può generare azioni e risultati.
Invece di focalizzarti solo su "come" costruire, impara a "smontare" la comunicazione degli altri. Questo ti insegnerà a smontare anche la tua a posteriori, per migliorarla continuamente.
Ecco le 6 funzioni che utilizzeremo per smontare la comunicazione, ti consiglio di ascoltare il podcast, dove le svilisce nei dettagli.
Funzione Referenziale. Si concentra sul contesto, ciò che dobbiamo sapere.
La vediamo applicata nelle presentazioni di prodotti e servizi: caratteristiche, numeri, funzionamento, a cosa serve… È spesso l'unica usata, ma un mero elenco di caratteristiche è come un PDF. Manca la relazione umana. Riferirsi a protocolli noti con i colleghi è referenziale, ma lo si fa con uno scopo, non fine a sé stesso.
Funzione Emotiva. Si concentra sul mittente, la persona che sta parlando.
Riguarda l'espressione del proprio sentimento per ciò che si comunica. È fondamentale perché trasmette passione e costruisce la relazione umana, rinforzando il messaggio e conducendo allo scopo. Se non credi in ciò che dici, è difficile trasmettere entusiasmo.
Funzione Metalinguistica (o Metacomunicativa). Si concentra sul codice, il linguaggio o la comunicazione stessa.
Si manifesta in più occasioni: quando si spiegano termini tecnici (un errore comune è usare gergo specialistico dando per scontato che l'ascoltatore lo conosca); quando si comunica sulla propria comunicazione, spiegando come è stata costruita o perché si è scelto un certo modo di comunicare.
Funzione Fàtica (o di Contatto). Si concentra sul canale/contatto.
Serve a verificare che il canale funzioni (ad esempio in video call: "Mi senti?") o a mantenere il contatto psicologico.
Accade anche quando chi parla tocca l'interlocutore. Viene applicata anche con l'uso di intercalari (come "chiaramente" ripetuto senza significato) per riempire i silenzi. I suggerimento di evitare gli intercalari per tenere la comunicazione più leggera e facile da capire (qui puoi approfondire come eliminare gli intercalari).
Funzione Poetica: Si concentra sul messaggio in sé, sulla sua qualità o forma.
Può essere scivolosa se usata per creare un effetto (es. "effetto wow") scollegato dallo scopo del messaggio. Funziona efficacemente quando si esprime attraverso l'espressività, il coinvolgimento personale, l'umorismo.
Funzione Conativa. Si concentra sul destinatario.
È la più importante per qualunque comunicazione, specialmente quella professionale. Il suo scopo è portare l'ascoltatore a fare qualcosa. Per esempio le "call to action" esplicite (come invitarti a scaricare il mio corso gratuito o chiedere una formazione individuale), pubblicità (invito implicito all'acquisto), richieste dei collaboratori (implicite o esplicite) e messaggi politici e religiosi.
La funzione conativa dovrebbe essere sempre presente nella comunicazione professionale, altrimenti il messaggio rischia di essere fine a sé stesso e l'ascoltatore non saprà cosa farne.
Quando smonti la comunicazione altrui, cerca la funzione conativa.
Capire dove si trova e come è utilizzata ti fornirà gli strumenti per costruire la tua comunicazione efficace che porti le persone a fare ciò che desideri.
6. Parlare con sicurezza. 5 strategie anti ansia per comunicare sicuri.
La vera sicurezza non si basa sulle tecniche, ma sull'essere pienamente presenti in ciò che si dice nel momento in cui lo si dice.
La ricerca dell'approvazione e la preoccupazione anticipata per il risultato finale generano ansia e minano la sicurezza nella comunicazione.
La vera sicurezza non si basa sulle tecniche, ma sul concentrarsi su sé stessi e sull'essere pienamente presenti in ciò che si dice nel momento in cui lo si dice. Questo focus sul presente e l'assaporare il discorso costruisce autorevolezza e relazioni professionali solide.
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La Strategia della cordata per migliorare le relazioni.
L'obiettivo della Strategia della cordata è migliorare la relazione con i clienti, riducendo al contempo la nostra fatica.
Questo porta a una maggiore chiarezza nella comunicazione, maggiore fiducia da parte del cliente o potenziale cliente e una connessione più forte. Il cliente percepisce una maggiore professionalità e una comunicazione più chiara, sentendosi soprattutto ascoltato e compreso.
Questo si traduce in una maggiore sicurezza per noi e in una maggiore probabilità di soddisfare le esigenze del cliente.
Da fornitore di prodotti o servizi a partner di cordata
La Strategia della cordata trasforma chi propone un prodotto o servizio da mero fornitore a vero e proprio partner di cordata, come in una scalata fatta insieme.
Ciò riduce le incomprensioni e permette una gestione virtuosa delle obiezioni, che diventano persino desiderabili per mostrare il nostro valore.
L'approccio tradizionale prevede che a una richiesta del cliente seguano subito con le nostre spiegazioni occupando anche il 90% del tempo di interazione. Questo approccio classico e faticoso e fa sentire al cliente l'odore della vendita e la mancanza di ascolto.
Questo approccio potrebbe essere utile solo qualora potessimo proporre una sola soluzione.
Ma se abbiamo alternative o vendiamo servizi o prodotti su misura, possiamo risparmiare energie e lavorare con il cliente. La strategia vale sia per i clienti esterni che per i collaboratori interni. L'obiettivo è diventare consulenti del cliente.
La cordata: dinamica e condivisa.
La metafora della cordata implica che il cliente arrampica con noi verso la soluzione.
Durante una scalata in montagna, specialmente su un percorso non ancora esplorato, si utilizzano strumenti che permettono di salire la vetta in sicurezza: chiodi, rinvii e corda. Ve sono altri, ma a noi interessano questi.
I chiodi devono essere conficcati, inchiodati, tra le fessure della roccia. I chiodi servono per assicurarsi. Sono degli ancoraggi, dei punti fermi da cui partire insieme. I chiodi sono i punti fermi che regolano l'interazione fra noi e il cliente. È il cliente a porre i primi punti fermi. Anche noi possiamo farlo, ma solo successivamente.
Sui chiodi vengono poi fissati altri strumenti per far passare la corda in sicurezza, sono i rinvii. Il rinvio è composto da due moschettoni tenuti assieme da un anello di corda, che permettono il passaggio della corda in sicurezza.
Si tratta di un lavoro di squadra a due. In cordata, ora è avanti uno, ora l'altro; ci scambiamo.
Non solo noi siamo consulenti, ma il cliente diventa nostro consulente, fornendoci informazioni essenziali.
La responsabilità generale è però sempre nostra. Dobbiamo decidere quando guidare noi e quando farci guidare di più dal cliente. Si arriva a una proprietà condivisa del problema e della soluzione.
Entrambi apprendiamo ("prendere") i "chiodi" dell'altro e condividiamo i "rinvii".
Una relazione efficace è una cordata dinamica, non uno che tira e l'altro che segue. La guida si adatta alle difficoltà e alle specificità che emergono. L'obiettivo è raggiungere la vetta in sicurezza ed efficienza. I rinvii simboleggiano i punti di connessione, accordo e supporto reciproco che permettono la progressione collaborativa.
8 passaggi della Strategia della cordata
La strategia della cordata si articola in più passaggi. Qui ne analizziamo otto.
Ascoltare. Il primo passaggio è ascoltare. Ascoltare in silenzio, evitando di commentare o annuire continuamente, perché distrae noi e l'interlocutore. Non si tratta di rinforzare inutilmente le sue parole. L'ascolto permette al cliente di fissare i suoi primi chiodi, a cui poi potremmo ancorarci.
Fare il punto della situazione e rimandare. Dopo l'ascolto, durante il quale il cliente fornisce informazioni spesso lacunose, è necessario fare il punto della situazione.
Si tratta di sintetizzare i suoi racconti, raccogliere le parti importanti e rimandargliele (entra in gioco il rinvio). Dobbiamo usare il linguaggio del cliente. Questo è il secondo passaggio: essere trasparenti sulla necessità di fare una verifica. Verifichiamo di aver capito il suo problema, e così facendo, anche il cliente si rende conto se abbiamo capito.
E qualora non avessimo capito cosa intendesse il cliente? Non è una brutta figura se non abbiamo capito. Si tratta invece di un'opportunità per capire meglio e fare una proposta mirata.
Dobbiamo abbandonare l'orgoglio e arrampicarci insieme. Rimandare il concetto dell'interlocutore è come piantare "chiodi", ancoraggi che permettono di proseguire insieme in sicurezza. Dicendo "Ok, eri primo tu, adesso passo avanti io e faccio da apripista, seguimi", stiamo piantando un chiodo dopo l’altro.
Empatia. Questo terzo punto ha a che fare con l'empatia. Non significa provare le stesse emozioni, ma rendersi conto delle emozioni del cliente per poterlo aiutare. È vitale. Dobbiamo sentirla davvero, non usare frasi fatte.
L'empatia non è una competenza, ma un modo di essere e di relazionarsi. Possiamo applicare tecniche che ci permettono di vivere la relazione in modo empatico, come riprendere e dichiarare esplicitamente il sentimento della persona o fare ipotesi semplici. Deve essere sincero e sentito.
(Me ne rendo conto, la parola "empatia" è oggi abusata. Tuttavia, il processo è di per sé indispensabile.)
Evitare le frasi fatte. Chiusa frasi fatte per rassicurare le persone è come se si volesse portare da casa la roccia da arrampicare. Un paradosso inutile.
Frasi come "Ti capisco, andrà tutto bene" aumentano solo sfiducia e preoccupazione. Non c'è nulla da imparare a memoria. Dobbiamo prendere le parole del cliente e svilupparle in ragione della co-arrampicata.
Capire a cosa tiene veramente il cliente. Questo quinto passaggio consiste nel capire a cosa il cliente dà veramente importanza. Non è solo la dimensione razionale o economica, ma il valore su cui sta facendo un investimento emozionale. Le sue difficoltà e incertezze, se presenti, prevalgono sulla richiesta razionale. Dobbiamo indagare, non decidere noi a priori.
Esplicitare la nostra passione o opinione professionale. Finalmente possiamo fare la nostra proposta.
Questo sesto passaggio ci permette di esplicitare la nostra opinione professionale. Ma anche la nostra passione per quanto stiamo facendo, se è vero.
Dobbiamo riconoscerci il diritto di esprimere il nostro sentimento reale e sentito. Questo dimostra che siamo vivi e coinvolti. Dimostrare la nostra professionalità con titoli o conoscenze sarebbe la via più scontata.
Nella percezione del cliente, la nostra professionalità emerge dal modo con cui egli si sente ascoltato, compreso, aiutato. Significa in altri termini utilizzare una corda robusta non in senso assoluto, ma nella percezione di chi la sta utilizzando.
Spiegare la proposta molto bene. Spiegarla bene non significa usare parole tecniche o concetti astrusi per dimostrare quanto abbiamo studiato nella nostra vita (professionale). Significa spiegarla in modo che il cliente capisca, usando il suo linguaggio. Il linguaggio deve essere semplice, le spiegazioni dirette, senza dettagli inutili che possono fuorviare. I cliente dovrebbe poter riconoscere con semplicità i chiodi e i rinvii che noi gli stiamo indicando.
Comunicare con calma. La chiarezza dipende dall'aiutare chi ci ascolta a capire. Sebbene il cliente abbia responsabilità, dobbiamo facilitarlo. Non dobbiamo "vomitare" concetti addosso, ma andare con calma, usando pause dopo i concetti. La pausa è una tecnica che potenzia il messaggio, migliorando la connessione e la soddisfazione del cliente.
E poi vi sono molte altre tecniche espressive da utilizzarsi sempre in una relazione ragionata con le nostre affermazioni.
Il cliente è il protagonista.
Soprattutto nella fase iniziale dell'interazione il vero protagonista è il cliente.
È dal suo punto di vista che osserviamo la situazione.
Noi siamo dei comprimari che aiutano a esplicitare la problematica. Il cliente è il titolare del problema. Egli apre la via esponendo la sua visione e le sue necessità. Ci indica la strada della cordata da fare insieme, perché è lui che conosce la propria attività e il proprio contesto.
Con questa strategia il cliente diventa il nostro miglior consulente.
5. Migliorare la comunicazione con i clienti: la Strategia della cordata.
Aumentare la chiarezza della comunicazione, la fiducia del cliente e una connessione più forte. Il cliente diventa il nostro miglior consulente.
Ho concepito la Strategia della cordata per migliorare la relazione con i nostri clienti e ridurre la nostra fatica quando interagiamo con loro.
L'obiettivo è aumentare la chiarezza della comunicazione, la fiducia del cliente e una connessione più forte. Il cliente si sente ascoltato e compreso, percependo maggiore professionalità da parte nostra.
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La Strategia della cordata per migliorare le relazioni.
L'obiettivo della Strategia della cordata è migliorare la relazione con i clienti, riducendo al contempo la nostra fatica.
Questo porta a una maggiore chiarezza nella comunicazione, maggiore fiducia da parte del cliente o potenziale cliente e una connessione più forte. Il cliente percepisce una maggiore professionalità e una comunicazione più chiara, sentendosi soprattutto ascoltato e compreso.
Questo si traduce in una maggiore sicurezza per noi e in una maggiore probabilità di soddisfare le esigenze del cliente.
Da fornitore di prodotti o servizi a partner di cordata
La Strategia della cordata trasforma chi propone un prodotto o servizio da mero fornitore a vero e proprio partner di cordata, come in una scalata fatta insieme.
Ciò riduce le incomprensioni e permette una gestione virtuosa delle obiezioni, che diventano persino desiderabili per mostrare il nostro valore.
L'approccio tradizionale prevede che a una richiesta del cliente seguano subito con le nostre spiegazioni occupando anche il 90% del tempo di interazione. Questo approccio classico e faticoso e fa sentire al cliente l'odore della vendita e la mancanza di ascolto.
Questo approccio potrebbe essere utile solo qualora potessimo proporre una sola soluzione.
Ma se abbiamo alternative o vendiamo servizi o prodotti su misura, possiamo risparmiare energie e lavorare con il cliente. La strategia vale sia per i clienti esterni che per i collaboratori interni. L'obiettivo è diventare consulenti del cliente.
La cordata: dinamica e condivisa.
La metafora della cordata implica che il cliente arrampica con noi verso la soluzione.
Durante una scalata in montagna, specialmente su un percorso non ancora esplorato, si utilizzano strumenti che permettono di salire la vetta in sicurezza: chiodi, rinvii e corda. Ve sono altri, ma a noi interessano questi.
I chiodi devono essere conficcati, inchiodati, tra le fessure della roccia. I chiodi servono per assicurarsi. Sono degli ancoraggi, dei punti fermi da cui partire insieme. I chiodi sono i punti fermi che regolano l'interazione fra noi e il cliente. È il cliente a porre i primi punti fermi. Anche noi possiamo farlo, ma solo successivamente.
Sui chiodi vengono poi fissati altri strumenti per far passare la corda in sicurezza, sono i rinvii. Il rinvio è composto da due moschettoni tenuti assieme da un anello di corda, che permettono il passaggio della corda in sicurezza.
Si tratta di un lavoro di squadra a due. In cordata, ora è avanti uno, ora l'altro; ci scambiamo.
Non solo noi siamo consulenti, ma il cliente diventa nostro consulente, fornendoci informazioni essenziali.
La responsabilità generale è però sempre nostra. Dobbiamo decidere quando guidare noi e quando farci guidare di più dal cliente. Si arriva a una proprietà condivisa del problema e della soluzione.
Entrambi apprendiamo ("prendere") i "chiodi" dell'altro e condividiamo i "rinvii".
Una relazione efficace è una cordata dinamica, non uno che tira e l'altro che segue. La guida si adatta alle difficoltà e alle specificità che emergono. L'obiettivo è raggiungere la vetta in sicurezza ed efficienza. I rinvii simboleggiano i punti di connessione, accordo e supporto reciproco che permettono la progressione collaborativa.
8 passaggi della Strategia della cordata
La strategia della cordata si articola in più passaggi. Qui ne analizziamo otto.
Ascoltare. Il primo passaggio è ascoltare. Ascoltare in silenzio, evitando di commentare o annuire continuamente, perché distrae noi e l'interlocutore. Non si tratta di rinforzare inutilmente le sue parole. L'ascolto permette al cliente di fissare i suoi primi chiodi, a cui poi potremmo ancorarci.
Fare il punto della situazione e rimandare. Dopo l'ascolto, durante il quale il cliente fornisce informazioni spesso lacunose, è necessario fare il punto della situazione.
Si tratta di sintetizzare i suoi racconti, raccogliere le parti importanti e rimandargliele (entra in gioco il rinvio). Dobbiamo usare il linguaggio del cliente. Questo è il secondo passaggio: essere trasparenti sulla necessità di fare una verifica. Verifichiamo di aver capito il suo problema, e così facendo, anche il cliente si rende conto se abbiamo capito.
E qualora non avessimo capito cosa intendesse il cliente? Non è una brutta figura se non abbiamo capito. Si tratta invece di un'opportunità per capire meglio e fare una proposta mirata.
Dobbiamo abbandonare l'orgoglio e arrampicarci insieme. Rimandare il concetto dell'interlocutore è come piantare "chiodi", ancoraggi che permettono di proseguire insieme in sicurezza. Dicendo "Ok, eri primo tu, adesso passo avanti io e faccio da apripista, seguimi", stiamo piantando un chiodo dopo l’altro.
Empatia. Questo terzo punto ha a che fare con l'empatia. Non significa provare le stesse emozioni, ma rendersi conto delle emozioni del cliente per poterlo aiutare. È vitale. Dobbiamo sentirla davvero, non usare frasi fatte.
L'empatia non è una competenza, ma un modo di essere e di relazionarsi. Possiamo applicare tecniche che ci permettono di vivere la relazione in modo empatico, come riprendere e dichiarare esplicitamente il sentimento della persona o fare ipotesi semplici. Deve essere sincero e sentito.
(Me ne rendo conto, la parola "empatia" è oggi abusata. Tuttavia, il processo è di per sé indispensabile.)
Evitare le frasi fatte. Chiusa frasi fatte per rassicurare le persone è come se si volesse portare da casa la roccia da arrampicare. Un paradosso inutile.
Frasi come "Ti capisco, andrà tutto bene" aumentano solo sfiducia e preoccupazione. Non c'è nulla da imparare a memoria. Dobbiamo prendere le parole del cliente e svilupparle in ragione della co-arrampicata.
Capire a cosa tiene veramente il cliente. Questo quinto passaggio consiste nel capire a cosa il cliente dà veramente importanza. Non è solo la dimensione razionale o economica, ma il valore su cui sta facendo un investimento emozionale. Le sue difficoltà e incertezze, se presenti, prevalgono sulla richiesta razionale. Dobbiamo indagare, non decidere noi a priori.
Esplicitare la nostra passione o opinione professionale. Finalmente possiamo fare la nostra proposta.
Questo sesto passaggio ci permette di esplicitare la nostra opinione professionale. Ma anche la nostra passione per quanto stiamo facendo, se è vero.
Dobbiamo riconoscerci il diritto di esprimere il nostro sentimento reale e sentito. Questo dimostra che siamo vivi e coinvolti. Dimostrare la nostra professionalità con titoli o conoscenze sarebbe la via più scontata.
Nella percezione del cliente, la nostra professionalità emerge dal modo con cui egli si sente ascoltato, compreso, aiutato. Significa in altri termini utilizzare una corda robusta non in senso assoluto, ma nella percezione di chi la sta utilizzando.
Spiegare la proposta molto bene. Spiegarla bene non significa usare parole tecniche o concetti astrusi per dimostrare quanto abbiamo studiato nella nostra vita (professionale). Significa spiegarla in modo che il cliente capisca, usando il suo linguaggio. Il linguaggio deve essere semplice, le spiegazioni dirette, senza dettagli inutili che possono fuorviare. I cliente dovrebbe poter riconoscere con semplicità i chiodi e i rinvii che noi gli stiamo indicando.
Comunicare con calma. La chiarezza dipende dall'aiutare chi ci ascolta a capire. Sebbene il cliente abbia responsabilità, dobbiamo facilitarlo. Non dobbiamo "vomitare" concetti addosso, ma andare con calma, usando pause dopo i concetti. La pausa è una tecnica che potenzia il messaggio, migliorando la connessione e la soddisfazione del cliente.
E poi vi sono molte altre tecniche espressive da utilizzarsi sempre in una relazione ragionata con le nostre affermazioni.
Il cliente è il protagonista.
Soprattutto nella fase iniziale dell'interazione il vero protagonista è il cliente.
È dal suo punto di vista che osserviamo la situazione.
Noi siamo dei comprimari che aiutano a esplicitare la problematica. Il cliente è il titolare del problema. Egli apre la via esponendo la sua visione e le sue necessità. Ci indica la strada della cordata da fare insieme, perché è lui che conosce la propria attività e il proprio contesto.
Con questa strategia il cliente diventa il nostro miglior consulente.
4. Lo sguardo quando parliamo e comunichiamo.
Potenziare il messaggio quando fai presentazioni usando il tuo sguardo. Trasformare il problema dello sguardo in una efficace risorsa espressiva.
L'obiettivo è affrontare la fatica nella gestione dello sguardo per farne un alleato potente del messaggio. Qui ti aiuto a rendere lo sguardo funzionale al messaggio. Il vantaggio sta nel concentrarsi sulla logica del messaggio anziché sull'ansia da prestazione.
Vediamo come e perché potenziare il messaggio usando lo sguardo, imparando dagli altri e facendone un uso strategico.
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3. Comunicare in modo convincente in 4 step.
4 step per presentare le tue idee in modo originale e autentico. L'obiettivo è far maturare la convinzione nell'interlocutore, lasciando l'impronta della tua autenticità.
Comunicare in modo convincente significa comunicare con trasparenza, originalità e autenticità, l'opposto della manipolazione.
Queste qualità derivano dalla nostra esperienza di vita e dalle 'buone ragioni' che ci rendono unici e irripetibili come professionisti. Ti spiego un metodo pratico in 4 step per presentare le tue idee in modo efficace, partendo dalle idee comuni per poi mostrare la tua prospettiva unica basata sulla tua esperienza personale.
L'obiettivo è far maturare la convinzione nell'interlocutore, lasciando l'impronta della tua autenticità.
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2. Comunicare e parlare in modo originale e autentico.
L'autorevolezza deriva non dai titoli o dal ruolo, ma dalla tua originalità e autenticità. Obiettivo: valorizzare la tua unicità professionale e umana.
L'autorevolezza deriva non dai titoli o dal ruolo, ma dalla tua originalità e autenticità.
Originalità è essere l'origine di ciò che dici (dalla tua esperienza). Autenticità è esserne l'autore, con buone ragioni e responsabilità.
Tutto ciò definisce la tua impronta di comunicatore unico. Vediamo di analizzare la tua originalità è autenticità. Lo scopo è costruire relazioni professionali solide.
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Obiettivo: valorizzare la tua unicità professionale e umana.
Questa è la base perché clienti, collaboratori, colleghi ti cerchino.
Ti cercheranno perché diventi riconoscibile, perché viene riconosciuto il tuo pensiero nelle tue affermazioni.
Questo significa: autorevolezza.
L'autorevolezza è il risultato diretto della tua autenticità e originalità.
L'originalità consiste nell’essere l'origine delle cose che dici, perché derivano dalla tua esperienza. L'autenticità consiste nell’essere autore dei tuoi pensieri (basati sull'esperienza). Ciò implica genuinità e responsabilità.
1. L’originalità
L'originalità si manifesta quando quando il nostro pensiero deriva dalla nostra esperienza di vita (professionale).
Non potremmo pensarla diversamente perché ne siamo la sorgente, il terreno fertile da cui germina la nostra identità professionale. È logico e naturale.
Per questo l'originalità non è una costruzione a tavolino, non si progetta con "squadra e righello". Questo approccio fallisce, come spesso si vede nelle indagini di brand positioning che producono solo elenchi di valori generici.
Per capire la nostra originalità e autenticità è necessario avere coscienza di chi siamo davvero e di cosa ci viene riconosciuto.
2. L’autenticità.
L'autenticità consiste nell'essere autori delle cose che pensiamo e delle buone ragioni per cui le pensiamo.
È un modo di condividere la nostra originalità e di argomentarla. Richiama anche la genuinità, la schiettezza, diventando anche una qualità morale.
Essere autentici significa avere coerenza tra la nostra essenza e la sua manifestazione pubblica (la radice delle parole "autore" e "autentico" è la stessa).
3. La ricerca della tua originalità e autenticità
Lavorando con i miei clienti in consulenza e in formazione, ho individuato due ambiti su cui lavorare per scoprire il tuo sguardo unico e irripetibile.
Qui sotto trovi le domande che ti aiutano a fare il punto della situazione. Nel podcast ti guido nella ricerca della tua via unica irripetibile all'originalità e autenticità.
A. L'esclusione di ciò che non ti appartiene:
Cosa non ti piace o non ti convince di ciò che dicono gli altri nel tuo settore, soprattutto i luoghi comuni che sembrano mancare di concretezza?
Che cosa ti fa arrabbiare dei luoghi comuni che circolano nel tuo ambito professionale?
Quali affermazioni comuni consideri prive di senso basandoti sulla tua esperienza?
B. L'identificazione delle tue idee pilastro:
Rispetto agli inizi della tua carriera, le tue opinioni iniziali come sono evolute?
Cosa ti dice la tua esperienza che funziona davvero nella pratica?
Che cosa ripeti quasi ogni giorno alle persone e a te stesso?
Il podcast ti guida a scoprire e far emergere ciò che le persone cercano davvero: il tuo "sguardo". È l'occhio personale, il filtro unico che riflette la tua esperienza di vita (professionale) e il pensiero che ti distingue dagli altri, anche se avete gli stessi titoli.
Buon ascolto!
1. Come interessare clienti e collaboratori quando comunichiamo.
Per coinvolgere clienti e collaboratori ci serve rendere interessanti i nostri interventi. Vale per le presentazioni preparate e per gli interventi improvvisati. Obiettivo: suscitare interesse guardando a ciò che sta fra noi e chi ci ascolta.
Per coinvolgere clienti e collaboratori ci serve rendere interessanti i nostri interventi. Vale per le presentazioni preparate e per gli interventi improvvisati. Obiettivo: suscitare interesse guardando a ciò che sta fra noi e chi ci ascolta. Tre i fattori chiave: contenuti, argomenti, obiettivi.
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Come interessare clienti e collaboratori quando comunichiamo.
Lo scopo finale è interessare le persone per poterle coinvolgere e portarle verso la nostra proposta.
Questo è possibile, se portiamo chi ci ascolta a guardare ciò che desideriamo che guardi.
La parola interessante ha in origine il significato di qualcosa che si trova “inter”, cioè in mezzo fra una persona e l'altra.
Entriamo nei dettagli con i tre fattori chiave (nel podcast sopra ti spiego di più.
1. Primo fattore chiave: i contenuti
Distinguiamo tra il tema, il macro ambito di cui parliamo, e la tesi, che è la nostra idea centrale, la risposta alle domande che emergono dal tema.
In una presentazione preparata, scegliamo noi il tema, ma dobbiamo chiederci se quel tema interessi davvero ai nostri interlocutori. Spesso dobbiamo spostare il focus sul vero interesse dell'altro.
La tesi è la nostra visione, ma dobbiamo guidare gli altri a comprenderla.
In un intervento non preparato, il tema lo porta l'altra persona. Ascoltiamo attentamente e, se abbiamo già una tesi, aiutiamo l'altro a vederla gradualmente. Oppure, ancora meglio, poniamo domande per far sì che sia l'altra persona a trovare la sua tesi, la sua risposta.
Questo porta due vantaggi:
noi fatichiamo meno e la persona ricorderà meglio la risposta;
l'altra persona potrebbe portare un'idea a cui noi non avevamo pensato.
Ecco le 3 domande per impostare l’intervento:
qual è la tua idea centrale?
dove vuoi portare le persone?
ti sei dato il tempo per osservare bene lo spazio che ti sta portando l'altra persona?
2. Secondo fattore chiave: gli argomenti.
Qui parliamo di coinvolgimento. Dobbiamo immaginare il punto di vista altrui. Non significa "metterci nei panni degli altri," ma capire da dove I nostri interlocutori stanno osservando lo spazio tra noi.
Primo passaggio: usiamo un linguaggio comprensibile. Un consulente di marketing che parla di "Lead Magnet" a un imprenditore deve prima assicurarsi che sappia di cosa si tratta.
Nelle situazioni non preparate, possiamo comportarci come detective, sospendendo il nostro giudizio e facendo domande per capire davvero cosa sia successo dal punto di vista dell'altro.
Nelle presentazioni preparate, è opportuno fare delle indagini, delle ricerche per ipotizzare il punto di vista del nostro interlocutore.
Ricorda, l'ascolto vero è una rarità. Aiutare le persone a vedere meglio il proprio punto di vista è potentissimo, te ne saranno riconoscenti.
3. Terzo fattore chiave: gli obiettivi.
Questo fattore in realtà andrebbe valutato dall'inizio.
Qual è il mio obiettivo e qual è l'obiettivo degli interlocutori a cui sto parlando ?
Il mio obiettivo di vendere un prodotto deve essere funzionale al suo obiettivo di risolvere un problema o migliorare la vita.
L'obiettivo del nostro interlocutore non esclude il nostro obiettivo. La domanda è: come i due obiettivi si supportano vicendevolmente?
Se gli obiettivi si escludono, forse noi non stiamo portando la soluzione giusta. Forse non siamo il professionista o la società giusta per quel cliente, o forse il cliente non fa per noi. A volte rischiamo di voler ficcare il quadrato nella forma del cerchio.
In sintesi, per interessare davvero chi ci ascolta la chiave è guardare ciò che sta in mezzo fra te che parli e i tuoi interlocutori. I contenuti, gli argomenti e gli obiettivi devono essere allineati. Con gli obiettivi che guidano la scelta degli argomenti sui contenuti.
Come imparare a parlare più lentamente?
Spesso ci viene detto che parliamo troppo velocemente, rendendo difficile la comprensione. Acceleriamo soprattutto quando sentiamo di non spiegarci bene, peggiorando la situazione.
Parlare troppo velocemente porta confusione sia a noi che agli ascoltatori, che potrebbero smettere di seguirci.
Spesso ci viene detto che parliamo troppo velocemente, rendendo difficile la comprensione. Acceleriamo soprattutto quando sentiamo di non spiegarci bene, peggiorando la situazione.
Parlare troppo velocemente porta confusione sia a noi che agli ascoltatori, che potrebbero smettere di seguirci.
Il principio fondamentale è aiutare chi ascolta a capire.
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Preparare un discorso coinvolgente, facendo meno fatica.
Per creare un discorso davvero coinvolgente, è necessario adottare un approccio completamente diverso, focalizzandosi sulla connessione autentica con il pubblico, sull'adattamento al momento e sulla propria unicità. Vediamo come.
Preparare un discorso coinvolgente è una sfida che molti affrontano con un approccio sbagliato, intrappolandosi in un circolo vizioso di perfezionismo e rigidità. L'ossessione per slide impeccabili, la ricerca di una perfezione irraggiungibile e la ripetizione di discorsi identici soffocano la vitalità e l'autenticità di una presentazione.
Per creare un discorso davvero coinvolgente, è necessario adottare un approccio completamente diverso, focalizzandosi sulla connessione autentica con il pubblico, sull'adattamento al momento e sulla propria unicità. Vediamo come.
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Gestire il coinvolgimento emotivo (quando diamo un FEEDBACK)
Quando stiamo dando un feedback l'emozione potrebbe prendere il sopravvento. Ecco una delle principali ragioni. Questo dovrebbe permetterci di rasserenarci e dare feedback in modo più leggero.
Come CHIEDERE feedback alle persone PER NOI
Per dare feedback efficaci dobbiamo evitare il giudizio sulla persona. In questo breve podcast spiego la tecnica pratica è l'atteggiamento utile.
EMPATIA: verso chi mostrare empatia?
Che cos'è l'empatia? Vediamo anche che cosa non è l'empatia e verso chi dovremmo cominciare davvero a esprimere empatia.
Il fine e gli obiettivi del feedback
Per poter dare un buon feedback, sia a noi stessi sia alle altre persone, È determinante che prima decidiamo con quale fine e con quali obiettivi lo stiamo facendo.
Che cosa significa "FEEDBACK"
Che cosa significa la parola "feedback"? Vediamo il significato originale per come è composta la parola, il significato proveniente dalle scienze dure e dalla tecnologia e come possiamo ragionevolmente tradurla in italiano.
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FEEDBACK: quando dare feedback a NOI STESSI
Vediamo quando è opportuno che diamo feedback a noi stessi.
Per capire se ci convince il nostro discorso
Per capire se ci convince il nostro discorso.
Forme impersonali? No grazie. Parliamo fra umani
Forme impersonali? No grazie. Parliamo fra umani.
Come prepararsi per parlare in pubblico, e QUANDO [n.° 7]
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